Il macco di fave o meglio, Màccu di favi, è un piatto tipico siciliano inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T).
Un piatto antichissimo, consumato dai nostri contadini, in Sicilia e in tante altre zone del Sud Italia a base della "carne dei poveri", le fave.
Io da piccola non lo mangiavo.
Non ero una verdurara come la creatura (che culo) e ora invece lo apprezzo tantissimo anche se preferisco quando me lo cucinano. A dir la verità, in questo periodo preferisco qualsiasi cosa mi cucinino gli altri. Ma non divaghiamo.
Poiché è un piatto che non faccio spesso (va bene. Mai. Non l'ho fatto mai), come ogni foodbloggha seria che si rispetti mi sono affidata a fonti bibliografiche attendibili: l'internet. E ho fatto una interessante scoperta che merita sicuramente maggiore approfondimento,
Devo ringraziare questa giornata nazionale perché non solo ho superato la diffidenza verso questo piatto semplicissimo e gustoso, ma mi ha permesso di ritrovare un piatto perduto, u pitirri.
U pitirri è un piatto antico e il nome sembra essere legato ad una delle attività lavorative più rappresentative della Sicilia di un tempo: secondo Giovanni Ruffino, docente di Linguistica italiana, linguista, glottologo e dialettologo, per pitirri s’intende uno stato dello zolfo, quando si trova mescolato insieme ad altro materiale. Proprio così si mangia u pitirri, una pasta di farina di semola simile al cous cous, mescolata e cotta insieme alle verdure. Si può mangiare come zuppa, o fatto rapprendere, si taglia a pezzetti e si frigge. Le verdure usate per questa minestra Isono le più svariate, in prima linea il finocchietto, che io proprio non amo, ma a Sutera, paese dell'entroterra siciliano dove i miei sono nati e cresciuti prima di emigrare, si mangia anche con il macco di fave. Ho fatto una piccola ricerca chiedendo intanto a mio papà, 80 anni e un po', che mi ha raccontato di averla mangiata quand'era "più giovane", ma di non ricordare come fosse fatta. Mi è bastato un giro tra i parenti rimasti a Sutera, per scoprirne di più. Per fare u pitirru occorre impastare acqua e farina di semola di grano duro, si passa l'impasto ottenuto attraverso un setaccio dalle maglie larghe, i "granelli di pasta" ottenuti si fanno seccare due, tre giorni e sono pronti per essere utilizzati. Purtroppo avrei voluto tanto provare a preparare questa pasta, ma non ho trovato un setaccio con le maglie abbastanza larghe. Ho così fatto ricorso alla pasta industriale, quella che meglio si avvicinava e mi sono arricriata! e da oggi credo che u maccu lo mangerò più spesso!
Ingredienti per 3 persone:
- 400 g di fave secche
- 200 g di pitirru o pasta di piccole dimensioni
- una cipolla
- olio extravergine di oliva q.b.
- sale q.b. e pepe a piacimento
Procedimento:
Lasciamo le fave secche in acqua fredda per una notte. Il mattino dopo, togliamo la pellicina dalle fave (ottimo antistress!).
Tagliamo la cipolla e soffriggiamo con poco olio. Aggiungiamo le fave e abbondante acqua (l'acqua deve superare le fave almeno di due dita), cuociamo a fiamma dolce, per un paio d’ore e rimestiamo di tanto in tanto schiacciando le fave con un cucchiaio di legno.
A fine cottura ci troveremo una purea che va aggiustata di sale: è il punto di aggiungere la pasta (e un pochino d'acqua, se occorre).
Impiattiamo e condiamo con un filo d'olio, una girata di pepe, se ci piace.
Serviamo!
Grazie Stefania per il tuo interessantissimo contributo! Questo pitirru mi incuriosisce proprio...devo provarlo!
RispondiEliminaGrazie per avermi fatto conoscere questo piatto.
RispondiEliminaTi abbraccio
Che bello e buono questo piatto...si conoscono sempre cose nuove! Buona serata
RispondiEliminaChe bello e buono questo piatto...si conoscono sempre cose nuove! Buona serata
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